Pillola n. 19 - I beni confiscati nelle politiche di coesione e nei progetti di OpenCoesione

30/04/2015

(dati aggiornati al 31 dicembre 2014)

 

I beni confiscati in Italia: numeri e contesto

Il riutilizzo dei beni (mobili, immobili e aziendali) confiscati alla criminalità organizzata e la loro valorizzazione in chiave socio economica ha assunto in Italia una dimensione patrimoniale, economica e finanziaria considerevole. Secondo i dati dell’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, recentemente aggiornati al 2015 e in fase di pubblicazione online seppur non ancora in un formato open data e relativamente ai soli beni (immobili e aziende) definitivamente confiscati e attualmente in gestione, i beni immobili sono 6.838 e le aziende 1.345, come riportato nelle Mappe 1.a (immobili) e 1.b (aziende) con disaggregazione regionale. Oltre la metà dei beni immobili (56,4%) sono unità immobiliari ad uso abitativo o assimilabili, il 31,5% è costituito da terreni, mentre il 9,1% è costituito da unità immobiliari ad uso commerciale e industriale. Per quanto riguarda le aziende, quasi una su cinque appartiene al settore edile e delle costruzioni; stessa quota per il comparto del commercio (inclusi riparazione di veicoli, beni personali e casa), mentre un altro 8% circa incide sul settore alberghiero e della ristorazione.

Una notevole attenzione al tema viene quindi sia dalle Istituzioni (locali, nazionali e comunitarie) che dalla Società Civile, con un crescente numero di iniziative di ricognizione, comunicazione e promozione che si stanno sviluppando su più fronti.

Mappe 1.a e 1.b: I beni confiscati in gestione in Italia -- immobili (a) e aziende (b). Dati aggiornati a marzo 2015.

   (a)            (b)

Fonte: Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata

  

La legislazione Italiana sulla gestione e il riutilizzo dei beni confiscati si basa prima sulla legge Rognoni La Torre (1982) e poi sulla legge n. 109/96, fortemente promossa dalla Società Civile (associazione Libera, con il sostegno da più di un milione di cittadini).

Alla programmazione della destinazione del bene confiscato è oggi dedicata l’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (istituita nel 2010, con la legge n. 50 oggi recepita dal Codice Antimafia - decreto legislativo n. 159 del 6 settembre 2011), che opera in collaborazione con l'Autorità giudiziaria. L’Agenzia è anche il soggetto Istituzionale responsabile del monitoraggio, dell’informazione e della comunicazione dell’universo dei beni confiscati.[1]

Dal lato dell’ Europa, la Direttiva della Commissione Europea in materia (febbraio 2014) vincolante sulla confisca dei beni a esponenti della criminalità organizzata, invita gli Stati Membri a valutare se adottare misure che permettano di utilizzare i beni confiscati per scopi di interesse pubblico e sociale. Nella sua proposta del marzo 2012, inoltre, la Commissione aveva già sostenuto che “la confisca dei beni viene inclusa tra le iniziative strategiche nell’ambito di una iniziativa politica più ampia destinata a tutelare l’economia lecita da infiltrazioni criminali, contribuendo alla crescita e all’occupazione in Europa”.

Per quanto riguarda la Società Civile, un rilevante recente contributo è il primo censimento delle esperienze positive di riutilizzo di beni confiscati da parte del terzo settore in Italia, promosso da Libera nel 2014. Dal censimento emerge che sono 448 le realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle mafie, di cui 139 nel Nord, 36 nel Centro e 273 nel Sud e nelle Isole.[2] Sempre nell’ambito della realtà consolidata di Libera sono nati, anch’essi di recente, anche i primi Geoblog, esperienze di divulgazione delle informazioni relative ai beni confiscati promosse dai diversi territori. Un’altra iniziativa di divulgazione basata sulla raccolta, l’analisi dei dati e il monitoraggio dei beni stessi è Confiscatibene. Al progetto partecipano giornalisti, attivisti e tecnologi, con l’obiettivo di favorire la trasparenza, il riuso e la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie.

 

Beni confiscati e politiche di coesione

La valorizzazione dei beni (mobili, immobili e aziendali) confiscati alla criminalità organizzata e diffusi sul territorio nazionale rientra certamente negli ambiti di azione promossi dalle politiche di coesione, in linea con il loro generale obiettivo di sostenere i territori nel far leva sui propri vantaggi comparati e sulle proprie peculiarità per innescare e dare vita a proprie traiettorie di sviluppo autonome e sostenibili. Lo stesso Programma Nazionale di Riforma del 2015 suggerisce che le risorse per “impedire i condizionamenti della criminalità organizzata sui circuiti dell’economia legale” potranno essere reperite “attraverso l’impiego dei fondi europei e mediante nuovi processi di gestione e destinazione degli asset sottratti alla criminalità organizzata”. In questa linea, la gestione dei beni confiscati rientra tra le priorità dell’Accordo di Partenariato dell’Italia, il documento per la programmazione delle risorse del ciclo 2014-2020. In particolare, diverse Azioni pertinenti i vari Obiettivi Tematici (OT) della programmazione riguardano in modo più o meno specifico la gestione dei beni confiscati, sia sul fronte di interventi come la ristrutturazione e riqualificazione di immobili confiscati (che possono essere definiti di tipo hard)[3] che rispetto a interventi di supporto alla capacità istituzionale nella gestione dei beni confiscati, di educazione alla legalità e di progetti collegati per l’ inclusione sociale (che possono essere definiti di tipo soft).

Le Azioni cofinanziate dai Fondi Strutturali e di Investimento Europei 2014-2020 sono implementate da Programmi Nazionali (PON) e Regionali (POR). In particolare, i PON “Legalità” e “Governance” danno continuità a quanto co-finanziato nel corso della programmazione 2007-2013 rispettivamente dal PON “Sicurezza” e dai PON “Competenze per lo Sviluppo” e “Governance e Assistenza Tecnica”. Oltre che delle risorse comunitarie, la valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata può beneficiare delle politiche di coesione nazionali, intervenute anche nel corso del periodo 2007-2013 sia attraverso il Fondo per lo Sviluppo e Coesione (FSC) che con il Piano d’Azione per la Coesione (PAC). Ulteriore contributo nell’ambito dell’Accordo di Partenariato per il 2014-2020 viene dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Rurale della Politica Agricola Comune, che aveva già trattato il tema nel corso della Programmazione 2007-2013 attraverso lo strumento dei GAL (Gruppi di Azione Locale). Un coordinamento degli interventi, con finalità di reciproco rafforzamento, potrebbe essere rappresentato dall’attuazione del Piano di Azione nazionale “Beni Confiscati e Coesione Territoriale” dell’ ex-Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica, promosso in collaborazione con Libera e attualmente in corso di valutazione.

 

Interventi relativi ai beni confiscati nei dati sui progetti di OpenCoesione aggiornati al 31 dicembre 2014 

La fotografia del contributo delle politiche di coesione 2007-2013 al tema dei beni confiscati che emerge a partire dai dati sui progetti di OpenCoesione aggiornati al 31 dicembre 2014 è composta di 190 interventi[4] per un valore di più di 150 milioni di euro (Tabella 1). Un solo progetto risulta destinatario di risorse FSC assegnate con Delibere CIPE mentre per tutti gli altri la fonte è il Sistema di monitoraggio unitario gestito da MEF-RGS-IGRUE. L’84% delle risorse finanzia progetti di tipo hard mentre il restante 16% è impiegato per gli interventi definiti sopra come soft. Va poi considerato che ad integrare queste risorse, direttamente relative alle confische, possono contribuire anche gli aiuti percepiti a valere sulle politiche di coesione da soggetti la cui attività è in qualche modo collegabile alle buone pratiche dei beni confiscati.[5] Dai dati di OpenCoesione emerge ad esempio che molte delle Associazioni e Cooperative censite da Libera come esperienze di riutilizzo di beni confiscati da parte del terzo settore in Italia hanno beneficiato, nel corso del periodo 2007-2013, di sostegni finanziari di vario tipo messi a disposizione dalle politiche di coesione comunitarie (FESR, FSE) e nazionali (PAC).[6]

Tabella 1. Il contributo delle politiche di coesione (comunitarie e nazionali) alla valorizzazione dei beni confiscati nel periodo di programmazione 2007-2013  (valori in milioni di euro).

Fonte: Elaborazioni su dati OpenCoesione al 31 dicembre 2014
* sono definiti di tipo hard gli interventi di ristrutturazione e riqualificazione di immobili confiscati ai fini del loro riutilizzo civile (cfr. Metadati).
** sono definiti di tipo soft gli interventi di supporto alla capacità istituzionale nella gestione dei beni confiscati, di educazione alla legalità e di inclusione sociale (cfr. Metadati).

 

I progetti con il maggiore valore finanziario

La quasi totalità dei progetti è localizzata nelle quattro regioni dell’Obiettivo Convergenza, dove si registra anche la maggiore concentrazione dei beni confiscati,[7] ma dal punto di vista del valore quasi il 15% del costo totale è finanziato in Ambito Nazionale su interventi di tipo soft. In particolare, il Programma Operativo Nazionale FESR Sicurezza finanzia due dei tre progetti più rilevanti in assoluto dal punto di vista finanziario: il progetto Sistema Informativo Telematico delle misure di prevenzione SIT (quasi 14 milioni di euro, di cui il 75% circa già pagati) e il progetto R.E.G.I.O (7 milioni di euro, pagati per quasi il 90%) con cui il Ministero della Giustizia e l’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata si stanno rispettivamente dotando di un sistema informativo telematico (Sit.Mp) e di un sistema per la gestione informatizzata e operativa delle procedure di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità  organizzata.

L’unico altro progetto di importo comparabile (12 milioni euro) sostiene invece la riqualificazione ambientale per la fruizione e il riutilizzo delle aree litorali e del patrimonio della Regione Campania con l’ inclusione delle aree confiscate alla camorra, un intervento di tipo hard programmato e attuato dalla Regione Campania nell’ambito della propria programmazione FSC. A differenza dei progetti di tipo soft citati sopra, che dal punto di vista finanziario risultano in fase avanzata di realizzazione, per questo progetto non risultano ancora nel monitoraggio  pagamenti.

 

Il contributo dei progetti di tipo hard

Oltre a questi tre progetti particolarmente rilevanti che si realizzano rispettivamente nei due diversi fronti hard e soft, il resto del finanziamento, pari a 118 milioni circa, si distribuisce quasi interamente su altri 157 progetti di tipo hard, distribuiti nelle 4 regioni Convergenza con un valore medio unitario di 730 mila euro.

Per la maggior parte si tratta di progetti finanziati dal PON Sicurezza e attuati dagli Enti locali (97,5 milioni di euro). Tipologie tipiche in quest’ambito sono le riqualificazioni e le ristrutturazioni di immobili confiscati e destinati a infrastrutture sociali e civili, come centri di aggregazione, centri sportivi, centri di accoglienza per donne in difficoltà, disabili, tossico dipendenti, anziani. Uno dei progetti finanziati in Sicilia ad esempio, seppure ancora  non faccia osservare pagamenti, è finalizzato alla riqualificazione di un immobile confiscato come centro polifunzionale per immigrati regolari (a Ficarazzi, in provincia di Palermo). Sono del PON Sicurezza anche i due progetti oggetto dei report dedicati alla categoria dedicata ai Beni Confiscati da Monithon, l’iniziativa di monitoraggio civico dei progetti di sviluppo che si realizzano nel territorio italiano. Nei report di Monithon si evidenziano le difficoltà legate all’avanzamento del progetto per l’utilizzo di un bene confiscato per la realizzazione di un centro di accoglienza e di formazione per i migranti per l'inserimento sociale e lavorativo nel comune di Rosarno, in Calabria. Il progetto vale quasi 2 milioni di euro di cui da Sistema di monitoraggio unitario risulta pagato solo il 10%. Il report, realizzato dagli studenti dell’Istituto Einaudi di Palmi, racconta che i lavori di costruzione del centro, avviati nel 2011, sono stati bloccati a causa di indagini giudiziarie che hanno coinvolto la ditta aggiudicatrice dell'appalto, evidenziando anche che i lavori sono ripresi lo scorso gennaio con previsione di chiusura e collaudo della struttura entro luglio 2015.

Alle risorse del Programma Nazionale si aggiungono poi 17 milioni di euro circa dedicati dai Programmi Regionali FESR di Calabria, Puglia e Sicilia e due interventi finanziati dalle politiche di coesione nazionali: la ristrutturazione di un immobile confiscato nel comune di Ostuni, Puglia, da destinare a delegazione di spiaggia della Capitaneria di Porto (finanziato da un’Assegnazione CIPE del valore di quasi 130 mila euro) e la riqualificazione di un immobile confiscato in Provincia di Reggio Calabria, finanziata per un valore di 200 mila euro dal Piano d’Azione per la Coesione nell’ambito del Programma del Ministero dell'Interno “Sicurezza e legalità in Calabria”.

 

Il contributo dei progetti di tipo soft

I rimanenti interventi soft (3 milioni e mezzo di euro distribuiti su 30 progetti) sono rintracciabili quali progetti nei temi Istruzione, Rafforzamento della capacità della PA e Inclusione sociale. Sono finanziati prevalentemente dal Programma Nazionale FSE Competenze per lo Sviluppo[8] e sostengono iniziative per l’educazione dei cittadini al tema dei beni confiscati e della legalità in generale, e il rafforzamento della Pubblica Amministrazione attraverso azioni di supporto ai soggetti coinvolti nella gestione dei beni confiscati.

 

Contributo da parte delle diverse fonti finanziarie delle politiche di coesione

Anche se con soli 3 progetti finanziati, il contributo delle politiche di coesione nazionali è pari al 10% circa del totale, con un ammontare di circa 12 milioni e mezzo di euro. Riguardo al PAC, in particolare, il suo contributo rispetto al tema dei beni confiscati è verosimilmente destinato ad estendersi nell’osservazione almeno in ambito del Programma PAC Sicilia, con la presenza nel Piano di un’Azione dedicata al finanziamento di progetti volti a migliorare la qualità della vita e favorire la riduzione della marginalità sociale attraverso la riqualificazione e riconversione dei beni confiscati nel territorio regionale che, stando ai dati del Sistema di monitoraggio unitario aggiornati al 31 dicembre 2014, non risulta ancora “popolata” di progetti in attuazione.

Per ulteriori approfondimenti, sono disponibili il dataset con l'elenco dei progetti di OpenCoesione collegati al tema dei beni confiscati (aggiornamento al 31 dicembre 2014) e il file con i relativi metadati, con dettagli sui criteri di definizione dell’universo di riferimento e sulla classificazione degli interventi nelle categorie hard e soft.

Per ulteriori informazioni di carattere generale su OpenCoesione è possibile consultare le domande frequenti (FAQ).

 

NOTE:

[1] A partire dal 2013 sono attivi in questo contesto anche il “Sistema Informativo Prefetture e Procure dell'Italia Meridionale” (SIPPI) e il “Sistema Informativo Telematico delle Misure di Prevenzione (Sit.Mp)”, finalizzati alla creazione di una Banca Dati centralizzata per la gestione di tutti i dati e le informazioni relative ai beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali nell'ambito dei procedimenti ablativi. La Banca Dati è gestita dal Ministero della Giustizia e cofinanziata dal FESR nell’ambito del Programma Operativo Nazionale Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno d'Italia (scheda progetto di OpenCoesione).

[2] Si tratta prevalentemente di associazioni (58%) e cooperative (27%). Per ciò che concerne le attività svolte e quindi l'impatto sociale del riuso dei beni confiscati, le realtà sociali assegnatarie si occupano spesso di interventi integrati (circa il 33%), di reinserimento lavorativo (16%), di minori (16%) e diversamente abili (14%) ma operano anche in attività formative (8%) e con soggetti con dipendenze, anziani, migranti, donne vittime di violenza.

[3] Per la definizione puntuale delle categorie hard e soft si rimanda ai metadati relativi all’insieme dei progetti collegati ai beni confiscati individuato ai fini delle analisi dei dati di OpenCoesione in questo approfondimento.

[4] Per l’elenco puntuale dei progetti considerati si può consultare il dataset “Progetti Beni Confiscati_20141231” in allegato.

[5] Non essendo individuabile se le attività poste in essere dai soggetti così finanziati siano direttamente collegabili alla gestione dei beni confiscati, tuttavia, in questo approfondimento si fa riferimento ai soli progetti individuati nelle categorie hard e soft sopra citate.

[6] In particolare, si segnala il contributo specifico dei bandi “Giovani per il sociale – Giovani per il riutilizzo dei beni pubblici” del Piano d’Azione per la Coesione del Dipartimento Gioventù della Presidenza del Consiglio.

[7] Un solo intervento risulta essere localizzato in Lombardia e finanziato dal Programma FSE della Regione. Si tratta di un progetto del Politecnico di Milano (quasi 600 mila euro) finalizzato allo sviluppo di un modello manageriale per la gestione del fenomeno dei beni confiscati.

[8] Gli altri Programmi che contribuiscono in modo più marginale sono il PON FSE  Governance e Azioni di Sistema (che nell’Asse E, Capacità Istituzionale, finanzia la Governance e la Capacità istituzionale nella Gestione dei beni confiscati), il POR FESR Calabria, il POR FSE  Lombardia (vedi nota precedente) e di nuovo il PON FESR Sicurezza. Alcuni interventi dovrebbero essere stati finanziati anche dal POR FSE Sicilia con l’Avviso “Beni in Comune”, promulgato nel 2011 nell’ambito dell’Asse VII (Capacità Istituzionale) ma i dati sui progetti di OpenCoesione aggiornati al 31 dicembre 2014 non ve ne è evidenza.